Alice Barontini
Segni e graffi, forme stilizzate e accordi cromatici: sono questi gli elementi dell’alfabeto artistico di Enzo Neri che, portavoce di un linguaggio lontano dalla rappresentazione mimetica della realtà, carica le sue opere di magiche e imprevedibili capacità evocative. La pittura di Neri infatti abbandona il figurativo per addentrarsi nei labirinti oscuri dell’animo umano attraverso l’uso dell’informale ma, allo stesso tempo, recupera dal serbatoio del passato il culto per il mestiere del pittore che, nelle sue opere, emerge evidente tanto nel rigore tecnico e formale da lui praticato quanto nell’utilizzo del colore diafano e trasparente, frutto di stratificazioni e passaggi graduali capaci di conferire alla tela una carica intensa di luminosità.
Tradizione e innovazione dunque: nella pittura di Neri convivono in armonioso contrasto vecchio
e nuovo, razionalità e irrazionalità, la rigorosa disciplina compositiva e, insieme, l’istintività del gesto. Così la mente dell’artista organizza con puntualità le sue composizioni innescando un racconto attraverso le ritmiche interne tra segno, luce, colore e sapiente calibratura degli spazi entro cui tutto appare ordinato e perfettamente studiato: ogni forma sembra librarsi tra gli sfondi trasparenti e “atmosferici” per volare libera verso l’infinito, cui l’artista aspira con tutte le forze. Si tratta dunque di una pittura aniconica che ama l’ordine, l’analisi e l’armonia dei rapporti tra le geometrie ma che, allo stesso tempo, non disprezza un soffio di lirismo, una delicata e sottile ricerca di poesia.
Neri insomma adotta sì la disciplina della geometria ma la adatta alla sua sensibilità, inserendola in una composizione in cui il ritmo geometrico esiste ma non è imposto e il controllo razionale non esclude la vibrazione lirica.
Seppur controllata e sfruttata ai fini dell’artista, la gestualità infatti è presente nelle opere di Neri ed è frutto di un abile lavoro in cui calcolo e istinto si muovono paralleli: sul colore - creato con effetti di trasparenza che regalano un senso di leggerezza aerea al quadro - si imprime così l’intensità del gesto che si muove sulla tela come un inquieto geroglifico, arricchendo in questo modo l’opera di una carica di emotività dal forte impatto psichico. Tanto da far pensare che anche la superficie cromatica, basata sulla luce e mantenuta dall’artista suadente e introspettiva, possa trasformarsi per l’artista in uno spazio capace di assorbire le inquietudini del nostro tempo.
La regola che corregge l’emozione o, forse, l’emozione che arricchisce la regola: in ogni caso la oetica dell’inconscio e la ricerca di razionalità convivono e si fondono inestricabilmente nell’anima di Neri che, nelle sue opere, si fa così cantore delle eterne contraddizioni del vivere umano.

Alice Barontini
Alice Barontini nasce a La Spezia il 30 dicembre 1982.
Diplomata presso il Liceo Classico “Lorenzo Costa” di La Spezia, si è dedicata allo studio e alla ricerca fino a conseguire la laurea in lettere presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Pisa, con una tesi sul pittore e scrittore Lorenzo Viani.
A soli 17 anni inizia a collaborare con il quotidiano Il Tirreno, per cui ancora oggi scrive articoli riguardanti la sfera dell’arte, dello spettacolo e della cultura.

Da sempre interessata al mondo dell’arte, oggi svolge la sua professione di giornalista, curatrice e critica di arte contemporanea. Ha scritto di moda, arte e cultura su numerosi quotidiani, settimanali e mensili di livello nazionale e internazionale tra cui Arte (Mondadori), Diva e Donna, Chi, il giornale on line dell’Università di Pisa, il magazine online Artimes e riviste specializzate d’arte toscana.

Delegata per Livorno del FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) ha curato mostre in gallerie private e in sedi pubbliche tra cui il Museo Civico Archeologico di Fiesole (Fi), la Versiliana (Marina di Pietrasanta), il Museo Fattori (Granai di Villa Mimbelli) di Livorno, la Civica Pinacoteca Modigliani di Follonica e molte altre ancora.